Ecco come creano le statistiche dei “successi” della medicina ufficiale nella lotta contro il cancro
I “successi” della medicina ufficiale nella lotta contro il cancro vengono documentati da statistiche che sulla carta dimostrano successi che in realtà non esistono. Detto brutalmente: sono taroccate!
In occasione delle feste natalizie o del 730 (fateci caso!), vengono pubblicate continue scoperte per la lotta contro il cancro. Scoperte scientifiche che alla fine (questa frase sta sempre in fondo ad ogni articolo!) “saranno pronte tra qualche anno”.
Questi articoli appaiono al solo fine di ricevere donazioni dai cittadini ignari di quella che è la realtà, ovvero che gli studi e le scoperte sono di fatto ferme.
La prova? E’ semplice!
Quanti vip facoltosi si sono ammalti di cancro negli ultimi anni? Diversi.
Un nome per tutti: Pavarotti.
E voi pensate che Pavarotti, se fosse esistita in una qualsiasi parte del mondo una terapia della medicina ufficiale capace di guarirlo, non l’avrebbe adottata, considerando anche le sue possibilità economiche?
La realtà è che le statistiche dei successi della chemio sono stilate adottando dei trucchi che tutti conoscono ma dei quali nessuno parla!
Dr. Simoncini Community
Ecco come vengono create le statistiche per illudere i cittadini!
Percentuali di morte del cancro: statistiche ufficiali
Tutti sanno che il cancro è una malattia inesorabile, che non da scampo a chi ne viene colpito.
Ognuno di noi è consapevole del fatto che quando un conoscente, un parente o un amico si ammala di questa terribile malattia, le sue possibilità di sopravvivenza sono molto scarse: solo un miracolo lo potrebbe salvare!
Le statistiche ufficiali al contrario parlano di percentuali molto più incoraggianti, riportando mediamente valori di guarigione intorno al 50%, vale a dire una persona su due si salverebbe.
Da una parte quindi esistono dati inoppugnabili di morte forniti dall’esperienza reale, dall’altra percentuali in qualche modo rassicuranti suggerite dalle analisi scientifiche.
Come mai si è arrivati a una tale evidente contraddizione? Quali sono i motivi, le ragioni e le cause che alimentano ormai solo uno stato di sospetto e di rassegnazione?
Cerchiamo di fare luce su questo fenomeno di palese distorsione della realtà.
A mio avviso gli elementi di distorsione si possono dividere in tre categorie, riferibili ai ricercatori: quelli soggettivi, legati solo al singolo scienziato, quelli semi-soggettivi, in cui esistono dei dati che vengono però elaborati in maniera soggettiva, e da ultimo quelli extra-soggettivi, che vengono acquisiti e accettati in maniera acritica.
Fanno parte della prima categoria :
1) Conformismo. Questo atteggiamento mentale, che porta a dare sempre per buono quello che viene accettato o proposto da altri ricercatori, ne fa acquisire anche gli errori, che si tramandano e si amplificano in ogni ulteriore studio che li incorpori.
2) Compiacenza. Mediante questo atteggiamento, il più delle volte stimolato dalle condizioni materiali in cui si trova uno studioso (ad esempio la struttura dove opera, i compensi economici che percepisce e altro), i fatti acquisiti vengono consciamente o inconsciamente interpretati secondo il modulo di impostazione della ricerca, cioè in una disposizione conoscitiva preconcetta. In questo modo ad esempio i dati insicuri o incerti possono diventare positivi, quelli contraddittori possono essere ritenuti palesemente anomali e quindi scartati, le risultanze favorevoli possono venir enfatizzate.
3) Malafede: Questo comportamento porta ad avvalorare dei fatti negativi, adducendo a se stessi delle motivazioni, pur sapendo che sono false.
4) Fraudolenza: In questo modo i dati vengono consapevolmente mistificati.
5) Paura: È un sentimento che può frequentemente insinuarsi in qualsiasi operatore sanitario. Può prendere varie forme, in relazione alle motivazioni che la generano: Paura di sbagliare, di recare danno involontariamente, di essere denunciati, di fare figuracce e altro. Questi motivi che suscitano tale condizione psichica, inducono quasi sempre a sovrastimare le neoformazioni presenti nei tessuti, specialmente quando sono dubbie o di piccole dimensioni. In particolare, di fronte a una lesione non francamente benigna o di fronte ad una piccola neoformazione, difficili da inquadrare, il più delle volte il medico le definirà, a scanso equivoci, lesioni maligne.
Seconda categoria
In questa categoria gli elementi di distorsione sono rappresentati da quelle condizioni del ricercatore, attribuibili alla sua struttura e conformazione mentale. Si può parlare in questo caso non di colpa dello scienziato, ma di un suo stato di manchevolezza.
1) Difetto di preparazione: È questo il caso in cui un ricercatore, bravissimo nel suo specifico campo d’indagine, non ha sufficiente conoscenza di altri argomenti scientifici connessi con i suoi studi. Ad esempio un chirurgo, un radioterapista o un oncologo che studia le chemioterapie, potrebbe essere preparatissimo ed effettuare indagini epidemiologiche o sperimentazioni cliniche accurate; se però non conosce i passaggi molecolari genetici proposti dai biologi, in realtà conduce delle ricerche acefale, cioè senza capo, e spesso senza coda, perché non possono essere inserite in alcuno svolgimento logico. Le deduzioni e le conclusioni che ne conseguono sono, come si suol dire, campate per aria.
2) Difetto di raziocinio: Si manifesta quando vengono accettati dei dati che in realtà sono inaccettabili. Esempio: I dati statistici sul carcinoma della vescica riportano un indice di sopravvivenza che varia dal 13% al 45% Nota Bonadonna p. 995. Altro esempio: La mediana di sopravvivenza (cioè il tempo in cui muore la metà dei malati) di molti tumori in molti casi varia di qualche mese, se dopo un intervento chirurgico o di radioterapia viene effettuata la chemioterapia (Es: Negli studi analizzati la radioterapia da sola ha ottenuto una mediana di sopravvivenza di 9,4 mesi, mentre l’aggiunta di della chemioterapia adiuvante a seguito della radioterapia ha elevato la mediana di sopravvivenza a 12 mesi. Nota Bonadonna p. 784 ). È chiaro che queste sono tutte corbellerie, la cui millantata valenza positiva dovrebbe far invece mettere in guardia uno studioso, al punto da fargli mettere in discussione tutte le ricerche oncologiche.
3) Difetto di attenzione: Qui siamo in condizioni simili al punto 2. In questo caso, però, le risultanze e i dati strampalati normalmente forniti dagli studi oncologici non vengono individuati e focalizzati perché gli studiosi, impegnati in altre faccende (politiche, istituzionali, direttive o altro) in realtà non hanno nessuno stimolo o interesse a capire in profondità quello che studiano.
4) Difetto di energia: Purtroppo siamo tutti noi immersi in un mondo accelerato, dove abbiamo bisogno di agire freneticamente per restare al passo con gli altri. Se a questo si aggiunge il fatto che la medicina è una materia molto complessa e impegnativa, si può ben comprendere come i medici e gli studiosi siano sottoposti a carichi di lavoro e di tensione mentale estremamente elevati. Rimanendo così poche energie residue, è normale che essi il più delle volte non ce la facciano a vedere o meglio a voler vedere al di là delle stramberie che vengono loro proposte. A tal proposito è utile ricordare la profezia del medico russo Salmanoff, già citato, che prima degli anni ’50 aveva previsto la progressiva paralisi del pensiero dei medici, programmata ed attuata mediante l’esplosione dei dati e delle nozioni scientifiche.
Terza categoria
In questa categoria possono essere compresi tutti quei fattori che condizionano un medico o uno studioso, generalmente a sua insaputa.
1) Accettazione passiva di idee e ideologie dominanti: Ad esempio, che la conoscenza agisce sempre per gradi; che la sperimentazione è l’unico strumento idoneo per il progresso medico; che la malattia neoplastica è d’origine multifattoriale e altro ancora, fanno parte di quel bagaglio preconcetto che in molti casi impedisce di essere nelle condizioni di capire le cose per come sono.
2) Accettazione passiva di idee e teorie di studiosi eminenti: Uno degli errori che viene più comunemente commesso dall’animo umano, è quello di ritenere più valide le idee e le opinioni dei medici e degli scienziati che si trovano in posizioni eminenti. Così ad esempio, quando un premio Nobel, un medico ex ministro, un titolare di cattedra o perfino un qualsiasi signor nessuno che va in televisione, risponde su importanti temi quali lo stato della ricerca medica, gli sviluppi delle terapie anti-tumorali o altro, si tende ad accettare quello che dicono in maniera acritica, come se fosse verbo divino. Il più delle volte però, questi “scienziati” dicono solo quello che gli conviene (guarda ad esempio le questue televisive per trovare fondi), cioè delle menzogne ammantate di autorevolezza. Difatti, se si considera ad esempio il cancro, un problema insoluto, proprio gli esponenti medici più in vista sono il simbolo del fallimento, in quanto sono loro che continuano a brancolare nel buio. Per quale motivo si dovrebbe continuare a credergli e a ritenerli depositari della verità? Senz’altro un medico controcorrente, un veterinario o perfino un ingegnere potrebbero suggerire idee migliori di chi ha la mente sclerotizzata.
3) Riverenza verso i grandi ricercatori del passato: Questo atteggiamento porta a sopravvalutare le grandi figure della storia e ad accettare le loro teorie, che il più delle volte sono false. Così ad esempio, la teoria di Bernard che “il terreno è tutto e i germi niente”, l’intuizione di Boveri che il cancro sia causato da un’alterazione genetica, e tante altre più antiche e più recenti, fanno parte solo dell’archeologia del pensiero.
4) Accettazione passiva degli studi pianificati su scala mondiale. Qui si insinua, nell’animo dei medici e degli studiosi che ne prendono conoscenza, l’errore Humeano dell’assonanza psicologica: grande è la ricerca, grande è la verità. Esistono però, e sono la maggior parte in medicina, studi planetari che supportano solo corbellerie planetarie.
Gli elementi di distorsione esaminati, dunque, inducono gli scienziati a commettere spesso grossolani errori di valutazione, che si amplificano man mano che passano di ricercatore in ricercatore.
Ciò avviene specialmente in oncologia dove, per l’assenza di un principio e di un filo conduttore razionale, avviene l’esatto contrario di quello che si diffonde ufficialmente.
Da una parte, in sede ufficiale, il costante raggiungimento di risultati positivi; dall’altra il costante aumento di morti per tumore. Da una parte medici, studiosi e scienziati che ostentano sicurezza, dall’altra gente in preda alla disperazione.
A chi si deve credere? Possibile che esistano posizioni così antitetiche?
È chiaro che è la gente che soffre e che continua a morire, che sta dalla parte della ragione; tutto il resto ha l’apparenza dei ragli d’asino, tanto più reboanti, quanto più conditi di autorevole saccenza.
E gli studiosi, gli scienziati, i ministri, gli ordini professionali, le riviste scientifiche, i giornalisti e le trasmissioni di educazione sanitaria, che fine fanno? Possibile che dicano solo il falso? Peggio, formano una rete consapevolmente assassina, dove i più sono in malafede e gli altri sono idioti acculturati e titolati, sfruttati per servire sporchi interessi.
Ci sono però le statistiche e i dati obiettivi che imporrebbero maggiore cautela nel condannare tutto il promiscuo mondo dell’oncologia.
Ci si dovrebbe a questo punto chiedere: ma queste statistiche e questi fatti scientifici dimostrati, sono veri o sono frutto dell’immaginazione o di qualcos’altro?
Premesso che già di per sé contengono, come dimostrato, notevoli elementi di distorsione e di deviazione, appare utile indagare a questo punto più da vicino queste statistiche, analizzando i dati ufficialmente riportati.
Ed è qui che si scopre la sorpresa: pur con tutti i trucchi e le distorsioni della statistica, nei libri e trattati classici viene riportato un tasso di guarigioni dal cancro che oscilla intorno al 7% (cioè pressoché 0, con le dovute correzioni).
Che cos’è allora che permette agli studiosi di confezionare quelle tabelle statistiche così accattivanti e rassicuranti che ingannano continuamente l’opinione pubblica?
Senz’altro è quella terra di nessuno che divide i tumori certi dalle malattie che non sono tumori.
Spieghiamo meglio la cosa.
Esiste una classificazione internazionale (il sistema TNM) che suddivide i tumori negli stadi I, II, III, IV e sottogruppi, in base alla loro gravità.
Con riferimento alla lettera T, che descrive l’estensione del tumore, per le configurazioni meno gravi, vengono riportati (ad esempio per il cancro della mammella) gli stadi Tx, T0, Tis, T1a, T1b, le cui dimensioni, spesso non evidenziabili, possono raggiungere 5 millimetri o poco più (pag. 734).
Accanto a questi tumori iniziali, esistono poi altre denominazioni di lesioni dubbie o ai limiti della malignità (leucoplachia, lesione precancerosa, simil cancerosa e altro), che il più delle volte vengono conteggiate nella malattia neoplastica.
Ora è chiaro come le lesioni iniziali, dubbie o ai limiti della malignità rappresentino la stragrande maggioranza delle “neoplasie “ osservate. È altresì chiaro però, come spesso queste presunte neoplasie, soggette a fraintendimenti e manipolazioni, gonfino le statistiche fino all’inverosimile.
Così nei primi stadi, quelli dubbi, le percentuali di guarigione sono altissime; negli stadi successivi, quelli dei tumori certi, le percentuali sono appena al di sopra dello zero.
Per capire meglio questo sistema così contraddittorio, sembra utile partire dalla comprensione delle neoformazioni della pelle, che possono essere analizzate in maniera diretta. Ebbene, è fin troppo evidente che, di tutti i noduli riscontrabili in questa sede (tumori maligni, tumori benigni, cisti, lipomi, dermatiti, escrescenze, piccole cicatrici e altro), solo una minima parte appartiene alla categoria delle neoplasie.
Per le neoformazioni degli organi interni invece, dove non è possibile una visione e un controllo diretto, è lecito aspettarsi di regola sia l’errore che la mistificazione.
Il fenomeno descritto si rende ancor più evidente nella sua complessità, quando l’oggetto di studio è rappresentato da quelle neoplasie maligne che già di per sé tendono ad avere caratteristiche di benignità, come ad esempio quelle della tiroide, di altre ghiandole o di altri organi ben strutturati.
Laddove invece le distorsioni o i fraintendimenti sono difficili da attuare, come ad esempio negli organi parenchimali (polmone, fegato, o cervello) le statistiche, costrette a dire la verità, si attestano intorno a valori insignificanti.
A tal proposito è utile riportare i tassi di sopravvivenza di alcune importanti neoplasie:
Tumore |
Sopravvivenza a 5 anni |
Glomi maligni (cervello) | < 10% |
Distretto cervico facciale | < 5% |
Melanomi maligni | <20% |
Neoplasie maligne dell’orecchio e della mastoide | <25% |
Polmone | 7,5% |
Mesotelioma della pleura | 0% |
Carcinoma dell’esofago | <10% |
Carcinoma dello stomaco | <13% |
Neoplasie del piccolo intestino | 25% |
Carcinoma del fegato | 0-2% |
Carcinoma della colecisti | <3% |
Carcinoma del pancreas | 2%. |
Carcinoma mammario localmente avanzato | 5% |
Nota (Bonadonna 1, p.779, 2 p. 804, 3 p.847, 4 p.850, 5 p.857, 6 p.898, 7 p.913, 8 p.925, 9 p.949, 10 p.937, 11 p.939, 12 p.948, 13 p.752)
In conclusione, dove sta questo famoso 50% di guarigioni? È una menzogna!
C’è da sottolineare inoltre, che interessa poco se si riescono ad estirpare delle neoformazioni subcentimetriche, che non danno mai nessun problema. Al contrario, sono quelle avanzate che le terapie oncologiche ufficiali dovrebbero far regredire e guarire per dimostrare la loro efficacia. Ma qui, non c’è ombra di dubbio: il fallimento è completo
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